ELENA
CAMINO, GIUSEPPE BARBIERO, ALICE BENESSIA: ABITANTI GLOBALIZZATI E LOCALIZZATI
DI UN PIANETA IN CRISI
[Da
"Azione nonviolenta" n. 8, agosto-settembre 2007 riprendiamo il
seguente articolo di Elena Camino, Giuseppe Barbiero, Alice Benessia, dal
titolo completo "Abitanti globalizzati e abitanti localizzati di un
pianeta messo in crisi dagli umani. Cornice teorica e piste di ricerca didattica", parte di
una ricerca svolta con il contributo della Regione Piemonte, Assessorato
Ambiente (Convenzione Iris 2006/07) e con il contributo Murst, Universita' di
Torino, Progetti locali 2006. Abbiamo omesso le citazioni in epigrafe, le
immagini, le tabelle e le note (per tutti questi elementi non meramente
paratestuali rinviamo alla versione a stampa).
Elena
Camino, del Dipartimento di Biologia Animale e dell'Uomo dell'Universita' di
Torino, fa parte del Centro Interuniversitario Iris (Istituto Ricerche
Interdisciplinari sulla Sostenibilita').
Giuseppe
Barbiero, del Laboratorio di Consapevolezza Ecologica dell'Universita' della
Valle d'Aosta, fa parte del Centro Interuniversitario Iris.
Alice
Benessia, del Dipartimento di Filosofia del Diritto, dell'Universita' di
Catania, fa parte del Centro Interuniversitario Iris]
Parte
prima. La cornice teorica
L'economia
e le scienze sociali mostrano gravi limiti nella loro capacita' di integrare le
attivita' umane nel contesto dei sistemi naturali: le risorse sono limitate, i
ritmi di trasformazione e ripristino dei sistemi ecologici richiedono tempi
adeguati. Occorre ripensare le scienze economiche.
Le
scienze sperimentali dal canto loro hanno spesso fornito una falsa immagine di
se', proponendosi come capaci di descrivere oggettivamente il mondo. La
complessita' dei sistemi naturali rende necessario utilizzare piu' prospettive,
di rado tra loro coerenti, e l'ignoranza appare sempre piu' come un elemento
ineliminabile ed ineludibile della dinamica di questi sistemi. Occorre
ripensare le scienze sperimentali.
Intorno
al concetto di sostenibilita' e' possibile esplorare ambiti condivisi
dall'ecologia e dalle scienze sperimentali da una parte e dall'economia e dalla
scienze sociali dall'altra. La sostenibilita' e' un tema forte che puo'
investire l'idea stessa che abbiamo di democrazia. E puo' richiedere
comportamenti e persino procedure democratiche nuove per realizzare le quali
serve un'educazione adeguata e di alto profilo.
*
Fotografata,
misurata, aggiustata. Grazie alla tecnoscienza, il pensiero occidentale domina
con crescente successo la natura, sviluppando l'idea di una umanita' esterna al
sistema. Ma resta sempre la nostra unica casa.
Le
fotografie della Terra vista dallo spazio sono relativamente recenti, ma sono
entrate presto nel sentire comune, utilizzate in innumerevoli programmi
televisivi, articoli di giornali, gadget e magliette. Tuttavia quante sono le
persone che colgono il messaggio implicito di queste immagini e cioe' che
La
seconda immagine presenta un grafico assai meno conosciuto, e di lettura meno
immediata. Gli autori, nell'articolo pubblicato nel 2002 su una prestigiosa
rivista scientifica, lo commentano cosi': "La sostenibilita' richiede di
vivere entro le capacita' rigenerative della biosfera. I nostri studi indicano
che le richieste umane hanno superato tali capacita' rigenerative fin dagli
anni '80. Secondo questa nostra
preliminare valutazione, il carico umano, che corrispondeva al 70% della
capacita' della biosfera nel 1961, e' cresciuto fino al 120% nel 1999"
(Wackernagel et al, 2002).
Infine,
un disegno pubblicato nel 2006 sulla copertina di una nota rivista italiana di
divulgazione scientifica illustra uomini in tuta bianca intenti a
"riparare"
Tre
modi di rappresentare
L'approccio
disciplinare e specialistico nello studio dei processi e delle funzioni dei
sistemi viventi che popolano il pianeta ben si accompagna alla visione
economicista che ha dominato il Novecento: dopo la monetizzazione delle materie
prime, delle risorse della Terra, si sta procedendo alla valutazione economica
dei servizi naturali. I processi vitali grazie ai quali abbiamo ogni anno a
disposizione aria, acqua e alimenti
adeguati alle esigenze dei nostri organismi sono stati valutati pari al
budget annuale degli Usa (Costanza et al., 1997).
Sebbene
la maggior parte della comunita' scientifica, degli esperti e dei decisori
politici trova ragionevole ed efficace questo approccio, per alcune minoranze
nel mondo occidentale sviluppato e per intere altre culture, questa chiave di
lettura e' totalmente incomprensibile. Esse mettono radicalmente in dubbio i
fondamenti epistemologici di una simile operazione, oltre che l'attendibilita'
sul piano puramente scientifico.
*
Misurare
l'impatto del modello di sviluppo dominante
Aumenta
la capacita' di misurare l'uso di natura a livello globale e aumenta la
percezione di una riduzione della qualita' della vita a livello locale. Si
delineano sempre piu' chiaramente due categorie: non piu' Nord/Sud, o Paesi
sviluppati e Paesi sottosviluppati, ma abitanti "globalizzati" e
abitanti "localizzati": i primi si spostano facilmente e godono in
abbondanza delle risorse naturali provenienti da ogni parte del mondo; i
secondi sono vincolati alla loro terra, e possono usufruire solo dei beni
locali. Se questi vengono a mancare, sono costretti a migrare per sopravvivere.
Complessivamente, si vanno riducendo risorse e servizi e il pianeta,
profondamente perturbato dalla presenza umana, ha dato avvio a profonde
trasformazioni, di esito ignoto. L'abuso delle fonti di vita da parte
dell'umanita' e' stato reso possibile dallo sviluppo della tecnoscienza, che ha
permesso una esponenziale moltiplicazione degli abitanti e ha fornito gli
strumenti per alterare l'omeostasi dei sistemi naturali, attingendo a fonti non
rinnovabili di energia e spezzando i cicli naturali.
L'introduzione
di indicatori di sostenibilita', come l'Impronta Ecologica (IE), ha contribuito
a mettere in evidenza l'uso che le singole persone, o le citta' o intere
nazioni fanno della natura. La strategia utilizzata da Mathis Wackernagel
consente di calcolare i diversi usi di natura da parte dell'uomo, esprimendone
la somma con una sola grandezza, la superficie: ciascuno di noi utilizza una
certa area del pianeta che gli/le fornisce il cibo, il combustibile per
scaldarsi, lo spazio per abitare, le piante che producono l'ossigeno necessario
alla respirazione (Wackernagel e Rees, 1996). Calcoli sempre piu' accurati
hanno consentito di ricavare dati utili per calcolare la propria IE,
paragonarla con quella di altri, confrontarla con la quota di pianeta che spetterebbe
a ciascuno di diritto, nell'ottica di una equa ripartizione.
Alla
consapevolezza sul consumo di natura che si sviluppa grazie al calcolo dell'IE
si accompagnano altre constatazioni: cio' che ciascuno di noi consuma per
conservare il proprio stile di vita non deriva solo dalla natura locale. Sempre
piu' spesso si verificano situazioni in cui la biocapacita', cioe' la
produttivita' della natura del luogo in cui si vive, non e' sufficiente a far
fronte alle esigenze. Si attinge allora a luoghi lontani, per ottenere
l'energia e la materia necessari per la vita quotidiana.
Utilizzando
l'IE emerge un quadro molto chiaro che si puo' riassumere in due punti:
1.
alcune fasce di popolazione, sia in occidente che in altri Paesi, utilizzano
una quota di beni naturali di gran lunga superiore a quella che spetterebbe
loro di diritto, sottraendone ad altri gruppi sociali, anche geograficamente
lontani, che a causa di cio' risultano deprivati;
2.
la popolazione mondiale nel suo insieme sta utilizzando molta piu' natura di
quella in grado di rinnovarsi anno dopo anno, e impoverisce
Infine,
come e' ormai noto anche a livello dei mass media, l'intensita' e la
pervasivita' dell'impatto umano ha innescato alterazioni dei processi naturali
che stanno provocando trasformazioni nel funzionamento globale del pianeta, i
cui esiti sono del tutto imprevedibili.
Queste
radicali trasformazioni, avvenute nel volgere di un tempo brevissimo rispetto
alla storia dell'umanita' - poco piu' di un secolo a fronte delle centinaia di
migliaia di anni dell'evoluzione umana - sono state rese possibili da tre
fattori concomitanti:
1)
lo sviluppo di una conoscenza del mondo orientata al controllo e al dominio
sulla natura;
2)
la messa a punto di tecniche in grado di sviluppare una crescente potenza;
3)
l'accessibilita' di enormi giacimenti di materia organica ad elevato potere
energetico.
Il
progresso tecnologico ha accelerato la velocita' con cui attingiamo alle
riserve energetiche della Terra ed ha altresi' incrementato la velocita' con
cui le consumiamo. La limitatezza di queste risorse, la loro distribuzione
geografica non uniforme, la crescente dipendenza di vasta parte dell'umanita'
da queste fonti energetiche sta alla base di conflitti che vengono affrontati
con modalita' violente, innescando processi distruttivi in un crescendo di
devastazioni.
Ogni
modello di sviluppo racchiude anche una prospettiva di relazione con la natura:
come dice efficacemente Wolfgang Sachs, del Wuppertal Institute (www.footprintnetwork.org),
"Il mondo non sara' piu' diviso tra le ideologie di 'destra' e di
'sinistra', ma tra coloro che accettano i limiti ecologici e coloro che non li
accettano".
Le
nazioni piu' ricche tendono ad avere bilanci ecologici passivi, soprattutto per
l'elevato grado di correlazione tra la ricchezza (in termini di spese) e i
consumi di combustibili fossili. In regioni con modesto consumo di energia una
elevata percentuale dell'impronta ecologica e' associata al cibo (Footprint of
Nations 2004 report). Le nazioni piu' ricche (nonostante i vantaggi
tecnologici) hanno impronte ecologiche pro-capite molto maggiori dei cittadini
di Paesi che consumano meno: i dati del 2001 stimano a
*
L'ignoranza
ecologica
I
conflitti nascono spesso da una diversa visione delle situazioni: le parti in
causa si accusano di "colpevole ignoranza". In senso etimologico, il
significato di ignorare e' contrapposto a quello di conoscere, e indica che non
c'e' possibilita' di connettere noto e nuovo. L'ignoranza puo' essere
volontaria, e colpevole, quando non si tiene conto di tutte le possibili
variabili, non si effettuano misure, non si collegano eventi, oppure
semplicemente non e' nelle priorita' economiche. Oppure puo' essere
un'ignoranza involontaria ed incolpevole: non si puo', non si riesce, non ci
sono i mezzi tecnici o economici. Nelle problematiche socio-ambientali
complesse e controverse ci si imbatte spesso nell'ignoranza inconsapevole. Essa
deriva da una mancanza di capacita' riflessiva, da un sistema di valori
accettato interiormente e non portato alla coscienza. E' possibile perlomeno
rendere consapevole questa ignoranza e adottare strumenti di contenimento dei
rischi come il principio di precauzione o la "tecnologia
dell'umilta'" (Jasanoff, 2003). E' sull'ignoranza ecologica del pubblico,
non di rado alimentata da un modello di conoscenza basato su una visione
meccanicista della realta', che l'educazione puo' operare.
L'evidenza
delle trasformazioni in atto da' luogo a interpretazioni che, a seconda del
contesto, del punto di vista e delle implicazioni che tali trasformazioni hanno
per i soggetti, individuano danni e benefici. Per esempio l'aumento della rete
di strade in una certa regione viene visto da alcuni come indicatore di
progresso e di benessere, da altri come sottrazione di terreno all'agricoltura.
La disponibilita' di una gran varieta' di prodotti alimentari viene interpretata
come segno di grande dinamicita' dei commerci internazionali e opportunita' per
i consumatori, oppure come causa e risultato di degrado ambientale, per il
saccheggio operato ai danni di altre popolazioni e per i consumi di energia
richiesti dai trasporti a lunga distanza.
Dietro
alla disparita' di giudizi si nasconde una diversa interpretazione della
relazione tra natura e umanita', e del ruolo che ciascuna svolge in tale
relazione. Una posizione prevalentemente antropocentrica porta ad analizzare
separatamente tra loro eventi e processi, secondo una logica lineare di
causa-effetto; a vedere la natura come un insieme di risorse passive a
disposizione e ad attribuire le cause dei guai alla limitatezza e inadeguatezza
di tali risorse. Una posizione ecocentrica e' piu' portata a connettere fatti e
processi secondo una logica circolare, che mette in evidenza le interdipendenze
e considera la natura come un sistema nel quale l'umanita' trova accoglienza.
In quest'ottica le cause dei problemi sono i comportamenti umani, che vengono
considerati inadeguati al contesto che il pianeta offre per vivere.
Naturalmente
le diverse interpretazioni fornite a proposito delle cause delle trasformazioni
umane sui sistemi naturali, e i diversi giudizi espressi sull'esistenza e
l'entita' dei danni portano anche a scelte diverse sulle strategie da adottare
per regolamentare i processi di trasformazione della natura. Scelte che hanno
visto negli ultimi due secoli aumentare in modo esponenziale l'energia
utilizzata, la potenza sviluppata, e gli investimenti finanziari reclutati.
In
termini puramente energetici, il progressivo sviluppo di una potenza sempre
piu' elevata ha permesso la costruzione di manufatti umani di dimensioni e
impatto crescente (dagli aerei sempre piu' veloci e capienti, alle grandi
dighe) ed e' stata resa possibile dalla stretta alleanza tra l'impresa
tecnoscientifica e i poteri economici e finanziari, bracci operativi di una
visione del mondo lineare, basata sull'idea del dominio sulla natura, della
crescita, della competitivita' e orientata al benessere materiale individuale e
alla vittoria: sulla poverta', sul nemico, sul diverso.
Le
critiche che da piu' parti stanno emergendo rispetto al modello dominante
spesso si fermano agli aspetti piu' superficiali, senza riuscire a portare alla
luce e alla consapevolezza l'insieme degli schemi concettuali soggiacenti, che
costituiscono i punti di riferimento, spesso impliciti, in base ai quali sono
organizzate le istituzioni, sono promulgate le leggi, sono strutturate le societa'
e i sistemi educativi. Per operare un cambiamento significativo e' necessario
ripensare non solo i singoli campi del sapere, come la scienza o l'economia, ma
scavare piu' in profondita', portare alla coscienza e mettere in luce le
assunzioni implicite, i giudizi di valore, rivedere la propria relazione con se
stessi e con le altre creature, umane e non umane: in altre parole, portare
alla luce l'ignoranza ecologica.
*
Dalla
scienza post-normale alla scienza della sostenibilita'
Dopo
molti anni in cui le voci critiche sono rimaste circoscritte a piccoli gruppi e
associazioni, in tempi recenti anche in sedi istituzionali a livello
internazionale si e' aperto un ampio e articolato dibattito sulle
trasformazioni delle relazioni tra scienza e societa', che costituiscono il
"motore" delle trasformazioni indotte dall'umanita' sull'ambiente.
Viene
segnalata la necessita' di una governance della scienza, il cui statuto
epistemologico e' in fase di profonda revisione perche' ancora incapace di
assumere il nodo cruciale del rischio e dell'incertezza in cui sempre piu'
spesso ci si trova ad operare. Per questa ragione sta emergendo la prospettiva
di una conoscenza scientifica che accoglie l'incertezza come componente
intrinseca ed ineliminabile (Tallacchini, 2005). A favorire questo radicale
cambiamento di prospettiva, questo cambio di paradigma, hanno contribuito
certamente alcuni fattori: uno e' senz'altro il crescente disordine dei sistemi
naturali e delle relazioni tra umanita' e natura. L'altro e' la maturazione di
una consapevolezza circa la complessita' dei processi che collegano viventi e
componenti abiotiche in reti di reciproca interdipendenza. E proprio lo studio
dei fenomeni complessi sembra fornire una pista efficace per ristrutturare
schemi interpretativi della realta' e modelli di sviluppo e per orientare
comportamenti e azioni.
L'idea
di scienza post-normale e' stata elaborata da Silvio Funtowicz negli anni
Novanta, a partire dalla constatazione che molti problemi socio-ambientali
complessi e controversi chiamano in causa diverse discipline, ciascuna con un
suo carico di schemi interpretativi, linguaggi, modelli, sistemi di valori,
finalita' (Funtowicz e Ravetz, 1993; Funtowicz, 2002). In queste circostanze i
fatti sono incerti, i valori sono in conflitto, la posta in gioco e' elevata e
le decisioni urgenti.
La
pluralita' di prospettive emerge dalla constatazione che si ha a che fare con
sistemi organizzati gerarchicamente, in cui vi e' un forte accoppiamento tra i
diversi livelli organizzativi. Ma l'interazione tra i diversi livelli avviene
con modalita' e ritmi temporali assai differenti tra loro. Per questo si
considera come fondante e ineliminabile la presenza di una pluralita' di
prospettive tra loro incommensurabili e ugualmente legittime, e l'impossibilita'
di giungere a una singola soluzione basata su fatti certi (Benessia, 2007).
Il
quadro concettuale della scienza post-normale e' stato poi ripreso e articolato
nella scienza della sostenibilita'
(Gallopin 2004; Gallopin e Vesuri, 2006), che permette di integrare diverse
linee di pensiero che non erano state messe in correlazione tra loro:
-
la presa d'atto che l'impresa scientifica sta diventando sempre piu'
frammentata, dipendente dal contesto, orientata alla soluzione di problemi
(Jasanoff, 2003);
-
la ricerca di un ruolo appropriato della scienza e della tecnologia nella
transizione verso la sostenibilita';
-
la necessita' di mettere la conoscenza specialistica a disposizione di tutti
gli interessati, favorendo il dialogo tra ricercatori di ambiti disciplinari
diversi, e tra modi diversi di produrre conoscenza;
-
l'opportunita' di assicurare una partecipazione appropriata dei cittadini ai
processi decisionali che riguardano problemi ambientali complessi e
controversi, portando alla luce scelte basate su valori riguardo alle domande
da porre, a chi considerare esperto e sviluppando competenze sulla gestione del
disaccordo (Kasemir et al., 2003).
*
Parte
seconda. Piste di ricerca didattica
Quale
educazione scientifica per la scienza della sostenibilita'?
Un'educazione
scientifica coerente con il quadro concettuale della scienza della
sostenibilita' fa riferimento a un'idea di scienza diversa da quella
tradizionale: da scienza della certezza a scienza della complessita'; dalla
presentazione - talvolta enfatica - di una tecnologia in grado di risolvere
ogni sorta di problemi a una tecnologia che assume l'umilta' come suo
riferimento (Jasanoff, 2003); da una conoscenza neutrale e oggettiva volta a
sconfiggere l'ignoranza a una conoscenza basata sull'intersoggettivita',
costruita nel dialogo tra prospettive diverse, la comunicazione, l'interazione
reciproca, l'interconnessione (Dalai Lama, 2006). Accettare la lezione della
complessita' che ci viene dal mondo naturale rende razionale l'inclusione della
sorpresa e dell'ignoranza fra le componenti intrinseche, ineminabili e persino
euristicamente utili all'impresa umana della conoscenza.
La
scienza della sostenibilita', che rigetta come inadeguata qualunque spiegazione
singola e unidimensionale, accoglie nel proprio statuto epistemologico la
legittimita' dei saperi non formali, sovente indispensabili per dare corpo alla
pluralita' di punti di vista. Da cio' deriva un cambiamento delle strategie di
insegnamento: diventa importante spostare il fulcro della costruzione del
sapere dall'insegnante alla comunita' educante, in cui ciascuno e' chiamato a
contribuire al sapere collettivo con le proprie competenze.
Tuttavia
il sapere degli studenti - come quello dei cittadini nel contesto sociale - e'
per lo piu' contestuale, parziale e localizzato, e non e' facile integrarlo in
una rete concettuale efficace e condivisa. Occorre una formazione mirata a
sviluppare capacita' di comunicazione costruttiva e di cooperazione tra persone
con atteggiamenti mentali, obiettivi e visioni del mondo diverse. In breve,
cio' che Mushakoji (1979, citato da Gallopin, 2006) ha chiamato dialogo
interparadigmatico. Cambiano quindi le finalita' dell'insegnamento scientifico:
si passa dalla prospettiva di dominio della natura al cammino condiviso con gli
altri viventi; dall'addestramento ai saperi specialistici alla coltivazione dei
talenti personali e degli sguardi creativi. Il modello di sapere oggettivo,
neutrale, specialistico, distaccato di una realta' esterna, viene affiancato e
trasformato da modalita' qualitative, intuitive, sistemiche, orientate alla
ricomposizione, al senso di inclusione e di interdipendenza con i sistemi
naturali.
Le
scelte di contenuti sono funzionali alle finalita': si punta alla
individuazione di concetti chiave connessi tra loro, funzionali a costruire una
visione integrata di insieme. Si esplorano le relazioni fra le discipline, si
sviluppano schemi interpretativi interdisciplinari che diventano sempre piu'
cruciali nelle prese di decisione politiche. Come ha recentemente ricordato
Lester Brown, con un velo di malinconica ironia: "in passato i ministri
dei trasporti non pensavano alla sicurezza alimentare quando formulavano
politiche di trasporti. Ma... molti paesi semplicemente non hanno abbastanza
terreno agricolo da asfaltare per le auto e da coltivare per assicurare cibo
alla popolazione" (Brown, 2004).
Gli
obiettivi educativi generali devono quindi essere orientati a sviluppare
competenze per una partecipazione consapevole, responsabile, attiva,
cooperativa ai processi decisionali, e in cui l'esercizio della democrazia sia
praticato entro i confini di un pianeta finito. Le parole pronunciate dal
Mahatma Gandhi quasi cento anni fa - "il nostro pianeta ha risorse
sufficienti per soddisfare i bisogni fondamentali di tutti, non l'avidita' di
alcuni" (Gandhi, 1909) - assumono in questo modo un significato non solo
simbolico, ma pragmatico.
*
Aspetti
metodologici
Adottando
la prospettiva della scienza della sostenibilita' - una scienza della
complessita', contestualizzata, consapevole della pluralita' di legittime
interpretazioni - gli insegnanti e i ricercatori si trovano ad affrontare due
sfide fondamentali:
1)
come dare attuazione pratica a questo insieme di idee, atteggiamenti, azioni
per operare in classe nella scuola attuale?
2)
di quali strumenti dotarsi per raccogliere e interpretare dati, e monitorare le
trasformazioni in atto?
La
ricerca didattica attuale - che si ispira per molti aspetti alla ricerca
disciplinare - e' fortemente orientata in senso riduzionista, a raccogliere
dati, a eseguire misure, a esprimere risultati in forma quantitativa. I
ricercatori spesso sono esterni al contesto scolastico; gli studenti di una
classe vengono considerati simili, a prescindere dalle differenze
socio-economiche, di maturazione personale, di competenza linguistica; si tende
a proporre un percorso che viene riproposto senza modifiche in piu'
situazioni sperimentali.
Nello
scenario di scienza della sostenibilita' si accolgono e si valorizzano altri
modi di fare ricerca scientifica. La ricerca didattica, in particolare,
richiede uno sforzo di contestualizzazione. La possibilita' quindi di essere al
tempo stesso ricercatori e docenti puo' offrire elementi di pregio in una
prospettiva diversa da quella che viene offerta dalla ricerca tradizionale.
*
Esempi
e proposte
Gli
autori sono membri di un gruppo di ricerca che si occupa di ricerca didattica
nell'ambito delle scienze naturali e che da molti anni elabora, sperimenta e
valuta percorsi formativi costruiti nell'ottica della scienza della
sostenibilita'. Si presentano qui sommariamente alcune attivita' a titolo
esemplificativo.
*
Nuovi
strumenti concettuali per la biologia
Parole
d'uso comune e di facile comprensione possono essere utilizzate in modo
riflessivo, e diventare uno strumento concettuale che aiuta gli studenti a
integrare conoscenze che altrimenti restano cristallizzate nell'ambito delle
singole sezioni della biologia, contribuendo d'altro canto a mettere in
evidenza la dinamica di costruzione della conoscenza scientifica, in continua
oscillazione tra statuto epistemologico (i paradigmi accreditati, le
definizioni, le conoscenze consolidate) e statuto metodologico (le nuove idee,
i nuovi modi di interpretare, gli aspetti controversi).
Un
buon esempio e' il concetto di confine. Sappiamo che i sistemi viventi sono
tutti interconnessi e interdipendenti: percio' individuare un
"confine" di un oggetto di studio e' un'operazione mentale, di grande
efficacia ma anche relativamente pericolosa, perche' in tal modo si recidono i
legami che connettono l'oggetto all'insieme che lo include.
La
parola confine ha molteplici valenze linguistiche, e puo' essere intesa:
-
in un senso etimologico (cum finis), che implica una relazione tra due entita'
che entrano in contatto ed e' quindi adeguato all'approccio sistemico;
-
in un senso letterale (recinto) o metaforico (limite) che rimandano
rispettivamente a individuare una struttura discontinua o un ostacolo che
impedisce di andare/vedere oltre.
La
riflessione linguistica che mette in luce la varieta' di significati della
parola "confine", puo' essere vantaggiosamente utilizzata per fare da
ponte tra le due polarita' della costruzione di conoscenza scientifica: le
conoscenze consolidate e le immagini nuove che derivano dall'esperienza
empirica. Il frammento di Dna identificato come gene, la membrana che racchiude
la cellula, i confini dell'ecosistema esprimono lo statuto epistemologico delle
discipline che hanno elaborato queste prospettive. In aula questi saperi
possono essere ri-discussi aprendo prospettive nuove di esplorazioni della
realta', e di integrazione dinamica di conoscenze: sia nell'esplorazione di
livelli organizzativi diversi, sia nell'interazione tra mente e natura.
Vi
sono buone ragioni per ritenere che queste attivita' favoriscano non solo una
destrutturazione del noto e una successiva riorganizzazione della conoscenza
(Astolfi e Peterfalvi, 1993), ma privilegino l'acquisizione di competenze
conoscitive, linguistiche e metodologiche trasversali rispetto
all'apprendimento di nozioni
disciplinari specialistiche, e siano quindi in grado di favorire un
apprendimento olistico.
Inoltre
l'applicazione consapevole di strumenti concettuali consente agli studenti di
rendersi conto che la scienza procede selezionando non solo gli oggetti di
studio, ma anche le categorie concettuali con cui interpretare il mondo (Cini,
1994), e li aiuta a maturare una visione consapevole e meno ingenua della
natura della scienza (Aikenhead e Ryan, 1992).
*
La
metafora di Gaia
La
teoria di Gaia e' una teoria scientifica che "considera l'evoluzione dei
biota e del loro ambiente materiale come un unico processo strettamente
accoppiato, dove l'autoregolazione del clima e della chimica dell'atmosfera,
dell'oceano e del suolo sono le principali proprieta' emergenti"
(Lovelock, 1988). E' una teoria alla cui elaborazione hanno contribuito un gran
numero di discipline scientifiche e che consente una visione globale della vita
sulla Terra. Essa rappresenta quindi l'ideale punto di osservazione per
studiare i margini di sostenibilita' dell'economia umana in relazione alle
risorse del pianeta (Barbiero, 2005). L'universalita' e l'antichita' del mito
forse puo' spiegare perche' Gaia susciti tanto interesse nella psicologia
analitica di ispirazione junghiana. Gaia e' un archetipo, che ben si presta
alla narrazione (Barbiero, 2000). Questo spiega anche perche' la teoria di Gaia
abbia faticato a lungo prima di essere accettata anche dal mondo accademico
piu' ortodosso: non tanto per questioni inerenti alla teoria stessa - che in
realta' ha dimostrato di essere altamente predittiva oltre che euristica -
quanto per la visione del mondo che ad essa e' associata.
Nella
prospettiva di una educazione scientifica orientata alla sostenibilita', una
correzione di rotta del nostro modello di sviluppo sara' piu' facile se le
cognizioni scientifiche che andiamo via via acquisendo si assoceranno ad una
visione emotivamente coinvolgente della natura. Provando a coniugare
razionalita' ed emozione possiamo cosi' immergerci nello studio dei cicli di
Gaia e contemporaneamente incoraggiare gli studenti a godere della gloriosa
manifestazione della sua bellezza.
Gaia
e' costituita da biomi, che a loro volta si articolano in ecosistemi, che sono
costituiti da organismi viventi che sono organizzati in cellule. La cellula a
sua volta presenta strati di complessita' crescente frutto di endosimbiosi
seriali affinate nel tempo: dalla associazione di procarioti (batteri e archei)
con organizzazioni cellulari relativamente elementari hanno avuto origine i
primi eucarioti (protisti) cellule dotate di nucleo e membrane, dalle quali a
loro volta hanno preso origine i metazoi: piante, funghi ed animali (Margulis,
2002). Ogni sistema vivente e' quindi un sistema olarchico, ovvero un sistema
completo in se' che si articola in parti che a loro volta sono sistemi completi
in se stessi e che a loro volta si articolano in sub-sistemi completi in se
stessi e cosi' via. A ciascun livello dell'olarchia compaiono proprieta'
emergenti, caratteristiche proprie del sistema in quel determinato piano che
non sono prevedibili a priori (Volk, 2001).
Anche
soltanto questi brevi cenni sulla teoria di Gaia appaiono sufficienti per
illustrare in che modo sia possibile affrontare lo studio dei sistemi naturali,
affiancando all'approccio quantitativo, tutto rivolto all'esterno e obbligato
alla continua definizione di confini, un nuovo approccio attento alla qualita',
ai comportamenti, alle relazioni tra insiemi. La consapevolezza sistemica
inizia la' dove lo studio analitico incontra il suo limite: la capacita' di
apprezzare le relazioni e i processi tra le parti di un sistema.
*
I
giochi di ruolo
Nel
contesto dell'educazione alla sostenibilita' e' importante mobilitare non solo
risorse mentali, ma anche fisiche; non semplicemente funzioni cognitive della
mente, ma anche dimensioni affettive ed emozionali. I giochi di ruolo su
problematiche sociońambientali complesse e controverse offrono l'opportunita'
di sperimentare situazioni in cui si viene coinvolti in prima persona, e si
interagisce con gli altri, sia quelli con cui si condivide una posizione, una
visione; sia quelli dai quali ci si sente lontani, ostili, per una dissonanza
di vedute o per una divergenza di interessi o di obiettivi. La simulazione
prevede momenti diversi: l'immedesimazione nel proprio ruolo, l'empatia per il
personaggio, la ricerca dei dati (attinti da una molteplicita' di fonti e
discipline diverse) utili per sostenere le posizioni personali e del proprio
gruppo; gli incontri con il gruppo di diversa opinione, gestiti nella
prospettiva di vincere oppure di trascendere il conflitto (Galtung, 1996); e
ancora la costruzione collettiva dello scenario, la riflessione sui processi
decisionali, sulla molteplicita' di punti di vista, sull'intreccio tra fatti e
valori.
I
giochi di ruolo proposti dal nostro gruppo di ricerca sembrano avere molte
delle caratteristiche utili a un'educazione alla sostenibilita', per la
trasversalita' dell'approccio e per la varieta' di competenze che sono in grado
di sollecitare (Colucci et al., 2005). Inoltre, nel coinvolgimento cognitivo,
emotivo e relazionale offerto dalla simulazione si puo' anche arrivare a
comprendere, assai piu' che in una lezione teorica, che nelle controversie
ambientali puo' essere un esercizio senza significato cercare "che cosa la
scienza davvero ci dice" (Sarewitz, 2004). Anche lo studioso piu'
"oggettivo" e disinteressato ha una visione del mondo che e'
riconducibile a un sistema di valori piuttosto che ad un altro. E' la prospettiva
disciplinare stessa che, nel momento in cui viene assunta piu' o meno
consapevolmente, trascina con se' valori e interessi propri che possono entrano
in conflitto con le prospettive di altre discipline e di altri saperi.
*
Il
silenzio attivo
Esistono
due forme essenziali di silenzio: il silenzio passivo e il silenzio attivo. Il
silenzio passivo e' imposto dall'esterno ed e' frutto del condizionamento
esercitato dalla parte forte all'interno di una relazione autoritaria. Il
silenzio attivo e' invece desiderato e sorge da un atteggiamento interiore.
La
pratica del silenzio attivo, coltivata da alcuni membri del nostro gruppo di
ricerca, e' stata proposta in forma sperimentale in contesti educativi, nella
prospettiva che esso possa diventare elemento significativo nell'educazione
alla sostenibilita'. Riteniamo infatti che il silenzio possa rivelarsi un mezzo
abile nella maturazione di una consapevolezza ecologica sempre piu' profonda.
Ma
come integrare l'equilibrio tra il silenzio e la parola nella ricerca e nella
prassi educative? Da un lato la risposta viene dall'esperienza personale: nel
contatto profondo e naturale con se stessi e con la natura che ci ospita si
tende a connettere il cosmo esteriore con il cosmo interiore, coltivando
insieme il se' ecologico e il se' psicologico. La ricomposizione delle parti di
se' e l'integrazione di diversi sguardi disciplinari risponde alle prospettive
della scienza della sostenibilita'.
D'altra
parte, anche la scienza accademica sta esplorando le proprieta' della mente applicando
l'approccio analitico delle neuroscienze alla pratica esperienziale delle
antiche tradizioni spirituali: recenti indagini (Lutz, 2004) hanno evidenziato
in meditanti esperti la capacita' di sincronizzare l'attivita' nervosa
cerebrale in modo significativamente superiore ai non esperti. Diventa quindi
plausibile, e documentabile, l'ipotesi che la pratica del silenzio attivo operi
una trasformazione profonda nella fisiologia e persino nell'anatomia della
corteccia cerebrale, che puo' essere descritta nei termini di un aumento di
consapevolezza, dell'empatia e della capacita' di attenzione, di rimanere in
contatto con la propria dimensione interiore e con il mondo esterno.
In
generale, la pratica del silenzio puo' avere valore educativo perche' nel contesto
di specifiche situazioni scolastiche, puo' essere interpretato come la
trasmissione di un insegnamento esperienziale, che coinvolge non solo la sfera
cognitiva, per sviluppare attenzione, ascolto, contatto e osservazione delle
emozioni, e come opportunita' di tranquillita', di contatto
"sensibile" con l'ambiente naturale.
*
Osservazioni
conclusive
La
sempre maggiore consapevolezza dell'entita' e della portata dell'impatto umano
sui sistemi naturali e la conseguente urgenza di modificare sistemi di valori e
stili di vita verso una relazione piu' sostenibile, si accompagna a una
riflessione critica non solo sui modelli economici di sviluppo, ma anche sulla
natura e sulle applicazioni della tecnoscienza. Da piu' parti si sostiene
l'opportunita' di una profonda trasformazione della relazione tra scienza e
societa', in vista di una governance della scienza che veda partecipi e
responsabili tutti i cittadini. Queste problematiche toccano tutti gli ambiti
dell'educazione, e richiedono in particolare una revisione profonda dei
processi di insegnamento-apprendimento delle scienze. Non si tratta
semplicemente di approfondire o migliorare la qualita' dell'insegnamento
scientifico, come alcuni sostengono: occorre offrire ai giovani dei contesti
educativi adeguati a sviluppare in essi la consapevolezza di essere parte della
biosfera, interconnessi e interdipendenti con gli altri viventi, e aiutarli a
costruire un visione del mondo e delle relazioni tale da permettere di vivere
in pace entro i limiti biofisici posti dai sistemi naturali.
Lo
schema concettuale della scienza post-normale, che si e' poi evoluta nella
scienza della sostenibilita', offre numerosi elementi utili a elaborare
percorsi educativi in grado di tener conto e di integrare in modo coerente
aspetti epistemologici e metodologici, scelte di contenuti e modalita' di
valutazione, in uno scenario di educazione alla sostenibilita'.
La
nostra specie si e' dimostrata capace di trasformazioni tanto straordinarie e
imprevedibili quanto sono consentite dai gradi di liberta' del pensiero.
Abbiamo da poco cominciato a prendere coscienza dei meccanismi e dei vincoli di
questo grande sistema organico che chiamiamo Gaia. L'intuizione mistica dei
nostri antenati sta prendendo corpo e si trasforma in analisi scientifica senza
che questo diminuisca l'impatto emotivo che, piu' o meno consapevolmente,
ciascuno di noi ha con i cicli della vita. Questa presa di coscienza ci fa
apparire oggi per quello che siamo: figli un po' immaturi e un po' incoscienti
di Gaia. Siamo l'ultima specie di scimmie antropomorfe apparsa in ordine di
tempo e siamo l'unica specie che nel suo insieme sfrutta le risorse del pianeta
senza riciclarle e che si appropria di quasi la meta' del flusso energetico
incorporato nella fotosintesi. Abbiamo bisogno di una conversione del nostro
sistema economico perche' diventi piu' equo e sostenibile. Abbiamo bisogno di
maggiore consapevolezza e maturita' per trasformare la nostra relazione con
Gaia in una relazione armoniosa degna di figli a cui e' stato fatto il dono del
pensiero e della riflessione.
*
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*
Per
corrispondenza: Elena Camino, Gruppo di ricerca in didattica delle scienze
naturali, Dipartimento di biologia animale e dell'uomo, Universita' di Torino,
via Accademia Albertina 13, 10123 Torino; e-mail: elena.camino@unito.it